di Massimo Gervasi
Si vota domenica 23 e lunedì 24 novembre 2025.
Dentro la campagna elettorale più opaca d’Italia. E fuori, un popolo esasperato che non sa più a chi credere.
C’è chi dice che la Campania sia la regione più complicata d’Italia. Forse esagera. O forse no. Ma c’è una certezza: la campagna elettorale 2025 è la più confusa, trasversale, sospetta e “avvelenata” degli ultimi vent’anni. Tra candidati calati dall’alto, liste civiche che spuntano come funghi, alleanze costruite come mosaici che non combaciano e un popolo che, ancora una volta, si ritrova a scegliere non tra visioni, ma tra apparati, la sensazione è una sola: qui non sta cambiando nulla. Qui si sta semplicemente ricomponendo il solito schema di potere. E a pagarne il prezzo saranno, come sempre, imprese, lavoratori e famiglie.
Fico vs Cirielli: la sfida che dicono sia "aperta" ma che odora di vecchio sistema
Il centrosinistra ha scelto Roberto Fico. Ex Presidente della Camera, volto istituzionale, ex antagonista del sistema…Sì, ex. Perché dopo qualche anno la rivoluzione diventa routine, e la routine, in Campania, diventa alleanza con tutto ciò che si muove, comprese le aree più solide deluchiane, che non intendono mollare mezzo centimetro del loro territorio d’influenza.
Il campo largo campano è un patchwork: PD, M5S, sinistra, socialisti, riformisti, civiche, ex deluchiani, post-deluchiani, semi-deluchiani.
Un’alleanza così larga da sembrare un condominio, e non sempre i condomini sono d’accordo quando bisogna pagare le spese.
Dall’altra parte c’è Edmondo Cirielli.
Il centrodestra lo ha scelto dopo settimane di tira e molla, di veti, controveti e malumori. Meloni lo sostiene, tutta la coalizione si mette in riga, almeno davanti alle telecamere,ma dietro le quinte i malpancisti non mancano: la Campania è terra di equilibri, e Cirielli non è un equilibrista. È un militare politico, e spesso divide più di quanto unisca.
Il risultato?
Una sfida che i sondaggi danno con Fico avanti, ma con un centrodestra che macina terreno nelle province e spera nell’effetto Meloni sul voto d’opinione.
Liste "creative", impresentabili e soliti giochetti: la parte brutta della campagna
Non sarebbe Campania senza:
- liste civiche improvvisate;
- candidati che spuntano all’ultimo minuto;
- trattative notturne nelle sedi di partito;
- e soprattutto un dettaglio che torna puntuale come una tassa: il tema degli impresentabili.
Quest’anno l’Antimafia non ha risparmiato nessuno.
Il centrodestra è quello più esposto, con diversi profili finiti sotto la lente.
Ma anche nel campo largo non mancano i “professionisti del voto di quartiere” che nessuno ufficialmente vuole, ma che tutti, in fondo, utilizzano.
Il dramma è sempre lo stesso: finché servono voti, tutti diventano presentabili.
Poi, il giorno dopo, se vincono, diventano un problema morale.
E il giorno dopo ancora… ci si dimentica di tutto.
I temi veri? Non pervenuti
Sanità, trasporti, rifiuti, fondi europei. I quattro eterni mostri campani.
Tutti li nominano.
Nessuno presenta numeri, piani, costi e tempi.
- Sanità:
Liste d’attesa, ospedali saturi, pronto soccorso al collasso.
Promessa tipica dei candidati: “Risolviamo”.
Domanda tipica dei cittadini: “Come?”.
Risposta tipica: nessuna. - Trasporti:
La Circumvesuviana è ormai un meme nazionale.
EAV continua a essere terreno di scontro politico.
La mobilità è un’emergenza quotidiana, ma non è in agenda. - Rifiuti:
Il problema non è mai scomparso, è solo stato spostato.
E i cittadini lo sanno. - Fondi PNRR ed europei:
Tutti li citano.
Pochi spiegano come saranno spesi.
In Campania il tema non è “quanti soldi arrivano”, ma quanti restano vivi dopo la giungla burocratica.
I candidati minori: tra testimonianza e provocazione
Granato (Potere al Popolo), Campanile (PER), Bandecchi (Alternativa Popolare), Arnese (Forza del Popolo).
Presenze utili a dare voce a minoranze politiche, ma senza chance reali.
Il problema non sono loro.
Il problema è che, in una regione con oltre 5 milioni di abitanti, la scelta vera si riduce ancora una volta a due poli che si scambiano le poltrone da 30 anni.
Previsionale: Fico avanti, Cirielli in rimonta. Ma cosa voterà la gente?
La fotografia reale è questa: Fico è favorito, grazie al colossale sistema di alleanze e all’eredità deluchiana. Cirielli è competitivo, soprattutto se mobilita il voto d’opinione e le province.
Gli altri raccolgono pochi punti.
Ma la domanda vera è un’altra: quanti andranno a votare? Perché la Campania è la regione dove la sfiducia corre più veloce dei proclami. E un’elezione vinta col 45% di affluenza non è una vittoria politica: è una resa di un popolo che non crede più a nulla.
Conclusioni scomode
In Campania non si elegge solo un presidente: si decide chi governerà la regione più difficile d’Italia.
E la sensazione, che nessun candidato vuole ammettere, è che il 2025 non sarà l’anno del cambiamento. Sarà l’anno in cui capiremo chi ha saputo riciclarsi meglio. Perché la verità, quella scomoda, è semplice: in Campania non vincono i programmi. Vincono i sistemi.
E finché non crolleranno quelli, la politica continuerà a ripetersi. Con nuovi nomi, vecchie logiche e una regione che merita molto di più.
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