di Alessio Colletti
Gli scenari dopo il recente incontro fra papa Leone XIV e il presidente palestinese Mahmoud Abbas.
Mahmoud Abbas in Vaticano
Lo scorso 6 novembre il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas è stato ricevuto da Leone XIV nel Palazzo Apostolico Vaticano. Il giorno precedente Mahmoud Abbas, noto anche come Abu Mazen, si era recato in visita alla basilica di Santa Maria Maggiore per rendere omaggio a Papa Francesco e ringraziarlo della solidarietà e della vicinanza dimostrate nei confronti della popolazione palestinese. Nel corso del cordiale incontro sia il Papa che il presidente dello stato di Palestina si sono detti d’accordo sulla necessità di insistere per trovare una risposta alla grave crisi umanitaria a Gaza e all’instabilità politica dell’area mediorientale.
La posizione del Vaticano sulla questione palestinese
Nel 2015 lo Stato di Città del Vaticano e lo Stato di Palestina hanno sottoscritto l’”Accordo Globale”, trattato con cui la Chiesa Cattolica ha riconosciuto ufficialmente lo Stato palestinese ottenendo in cambio il rafforzamento del principio della libertà di culto per i cristiani oltre alla facoltà di condurre attività educative e sociali nei Territori. In realtà, va segnalato che la Santa Sede ha utilizzato la denominazione “Stato della Palestina” nei suoi documenti ufficiali e nell’Annuario Pontificio già a partire dal 2013, collocandosi così fra le prime istituzioni del Vecchio Continente a compiere questo passo.
Già nel lontano 1948 il Vaticano chiedeva che alla città di Gerusalemme venisse riconosciuto uno “statuto speciale” per sancirne la vocazione internazionale come luogo di incontro per le tre religioni monoteiste. Una visione osteggiata da Israele che rivendica praticamente da sempre la piena sovranità su tutta la città e accolta invece con apertura dal fronte palestinese che ha eletto a Capitale del proprio stato solo la parte Est della città santa. Le relazioni fra la Santa Sede e le autorità palestinesi sono state particolarmente fruttuose soprattutto nel corso del pontificato di Francesco. Bergoglio completò una visita in Terra Santa nel maggio 2014, un anno dopo la sua elezione. Durante la messa a Betlemme, che vide la partecipazione di circa 10.000 persone, e in occasione dell’incontro avvenuto nel palazzo del Presidente Abu Mazen, Francesco ribadì il convinto sostegno della Chiesa alla causa palestinese e il pieno favore alla soluzione dei due Stati. L’occasione fu propizia per preparare il terreno in vista dell’”Accordo Globale”, siglato formalmente l’anno successivo. Durante l’assedio delle truppe dell’IDF a Gaza, a seguito degli attacchi del 7 ottobre, papa Francesco ha ripetutamente espresso il suo dolore per i bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile, rendendo più marcata l’inflessione della sua retorica in diverse circostanze. Come quando nel novembre dello scorso anno ha definito “terrorista” il modo di agire del governo israeliano e ha sollecitato un’inchiesta internazionale per stabilire se l’oppressione e le uccisioni ripetute a Gaza potessero integrare il crimine di “genocidio”. La posizione del Santo Padre da poco scomparso sollevò pesanti critiche in Israele, in particolar modo fra i ministri del governo Netanyahu.
Papa Leone XIV ammorbidisce la linea
L’elezione al soglio pontificio di Leone XIV ha visto un parziale riallineamento del Vaticano sulla questione israelo-palestinese. Prevost sta praticando un maggior equilibrio oltre a un ridimensionamento dei toni. Si può allora immaginare che il Papa americano continuerà a invocare il rispetto dei diritti del popolo palestinese e un accesso senza riserve agli aiuti umanitari per i cittadini di Gaza, cercando nel contempo un riavvicinamento a Israele come dimostrato, fra l’altro, dall’incontro di settembre con il presidente israeliano Herzog che ha contribuito a una distensione dei rapporti dopo il gelo dei mesi passati.
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