Cerbero, lo spara-multe: da guardiano del traffico a gabelliere urbano

Pubblicato il 10 novembre 2025 alle ore 07:00

di Massimo Gervasi

Si chiama “Cerbero”, come il mostro mitologico a tre teste che sorvegliava l’ingresso dell’Ade. Ma oggi non difende più gli inferi: difende le casse comunali. È il nuovo “guardiano” elettronico delle città italiane, sempre sveglio, sempre pronto a punire anche il più piccolo errore.

Il principio, in teoria, è nobile: garantire ordine e sicurezza sulle strade. Ma nella pratica, “Cerbero” si è trasformato in una macchina implacabile che fotografa, riconosce e multa senza pietà, e spesso senza buon senso.

A pagare sono i cittadini. Non solo gli indisciplinati cronici, ma anche chi si ferma un attimo con le quattro frecce per far scendere un passeggero o per un’urgenza improvvisa. Famoso il caso della stazione di Arezzo, dove centinaia di automobilisti sono stati multati pur essendosi fermati solo per pochi secondi. Nessuna tolleranza, nessuna flessibilità: “Cerbero” vede, registra e sanziona.

E non va meglio nei centri urbani, dove si contano decine di migliaia di multe per chi “corre” a 36 km/h. Tutto perfettamente legale, certo, ma profondamente discutibile in termini di equità e di logica.

C’è chi difende “Cerbero”, stanco delle auto in doppia fila che paralizzano il traffico e chi invece denuncia l’assenza cronica di parcheggi, causa primaria di quella sosta “creativa” oggi punita come un crimine.

In tutto questo entra in scena l’intelligenza artificiale, che non tutti vedono di buon occhio. Si confonde l’utilità con l’abuso. “Cerbero”, nato per migliorare la sicurezza, è ormai percepito come uno strumento per far cassa, più che come un alleato dei cittadini. E mentre ladri, scippatori e borseggiatori sembrano sfuggire ai radar anche dei più sofisticati sistemi di A.I., l’automobilista distratto resta la preda perfetta.

In molte città italiane, da Arezzo a Firenze, da Torino a Milano, “Cerbero” è diventato il simbolo di un sistema più attento a incassare che a educare. Decine di migliaia di multe ogni mese, spesso per segnaletiche poco chiare o per soste di pochi metri, alimentano la sensazione di una trappola ben congegnata.

E mentre i Comuni esultano per gli incassi record, i cittadini si sentono sempre più sorvegliati, tassati e traditi.
Perché la sicurezza stradale non può trasformarsi in una macchina mangia-soldi.

La tecnologia doveva servire a rendere le città più vivibili, non a trasformarle in un videogioco a punteggio negativo dove ogni errore costa caro.
“Cerbero” non sorveglia più l’Ade: oggi sorveglia il portafoglio degli italiani.

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