di Alessio Colletti
Quale sarà l’impatto delle AI nel mondo dell’occupazione?
Pareri contrastanti sulle AI
Lo scienziato e premio Nobel per la fisica 2024 Geoffrey Hinton non ha usato mezzi termini e ha dichiarato, a più riprese, che le Intelligenze Artificiali sono uno strumento dalla potenza illimitata in grado di minacciare l’esistenza stessa del genere umano. Abbandonata la collaborazione con Google, Hinton ha evidenziato che il loro sviluppo è tale che non si può escludere un futuro distopico in cui le AI supereranno le capacità di ragionamento umane sfuggendo al nostro controllo.
Sull’altro lato dello schieramento la professoressa Fei-Fei Li della Stanford University ha espresso un convinto ottimismo riguardo le prossime applicazioni delle Intelligenze Artificiali. Secondo la sua prospettiva, l’allarmismo attuale sarebbe esagerato.
Le AI sono destinate a migliorare le nostre vite e, per dimostrare la validità delle sue affermazioni, ha ricordato le innumerevoli possibilità delle nuove tecnologie nel campo medico con cure e terapie più personalizzate ed efficaci.
Davanti a pareri così contrastanti, è difficile orientarsi e capire chi sta esprimendo il parere più ragionevole. Uno degli ambiti in cui si sentirà maggiormente l’impatto delle AI, sarà indubbiamente quello del lavoro. La domanda più ricorrente è se veramente un po’ tutte le occupazioni rischiano un pesante ridimensionamento con l’avvento dei nuovi sistemi di automazione.
Uno sguardo ai dati
Il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti ha calcolato l’impatto delle AI sul mercato del lavoro americano. Entro il 2030 si prevede che il 30% dei posti di lavoro andrà incontro a una totale automazione e la quota è destinata a salire al 50 % nei prossimi vent’anni. Da qui a qualche anno, il 60 % delle professioni subirà variazioni significative e si stima che, globalmente, rischiano di andare perduti circa 300 milioni di posti di lavoro. Figure come impiegati amministrativi, segretari, addetti all’immissione dei dati, addetti allo sportello, contabili, agenti di call center e operai delle linee di montaggio rischiano di scomparire o, quanto meno, subire un drastico declino. Sono dati che riguardano, principalmente, il mercato americano ma conseguenze simili si osserveranno anche in Europa, oltre che nel resto del mondo, viste le affinità e i legami con l’economia leader del pianeta.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), in un recente rapporto, ha espresso una visione meno pessimistica: secondo questo organismo, nel mercato occupazionale, è in atto una trasformazione senza precedenti ma il giudizio è più favorevole e le AI sono viste come strumenti destinati ad integrare e migliorare le mansioni degli esseri umani. I Paesi a basso reddito e più indietro con lo sviluppo tecnologico saranno meno interessati da questa transizione. Resta comunque il fatto che se diamo uno sguardo agli ultimi dati del mondo del lavoro, abbiamo sensazioni tutt’altro che confortanti.
Secondo la CNN, nel mese scorso 150 mila cittadini americani sono stati licenziati. Per risalire a un ottobre così nefasto, con riferimento agli indicatori occupazionali statunitensi, bisogna andare indietro di ben 22 anni. Aziende come Amazon, Google, Goldman Sachs hanno appena lanciato ondate di licenziamenti al fine di ridurre i costi e ottimizzare i già altissimi profitti. In Europa, sempre a causa dell’automazione dei processi produttivi, gruppi come BT Group, Klarna e Just Eat hanno annunciato esuberi per centinaia / migliaia di posti di lavoro. Si prevede sia solo l’inizio di una lunga sequenza.
Cosa aspettarsi dai prossimi anni
Il mercato del lavoro mondiale sta vivendo un cambiamento che non ha eguali nella Storia: il livello di sviluppo tecnologico è talmente galoppante che quella che oggi appare come una soluzione all’avanguardia è destinata a trasformarsi in strumento obsoleto e arretrato nel giro di poco tempo.
Il mondo assisterà a un ciclo di trasformazioni straordinarie e molte occupazioni scompariranno; alcune di essere saranno sostituite da altre figure professionali. In che misura tutto questo inciderà sulla piaga della disoccupazione è complicato da prevedere. Il magnate e personaggio pubblico Elon Musk ha più volte evocato la necessità di istituire un “reddito di cittadinanza globale” per supplire alle gravi emorragie di posti di lavoro che le AI determineranno. Una visione troppo pessimistica? Sì, secondo alcuni.
Il World Economic Forum riconosce il clima di apprensione che il boom dell’Intelligenza Artificiale può apportare alle nostre esistenze, ma mette in risalto anche le opportunità che da esso possono originarsi. Basti pensare alla nascita di nuove tipologie di lavori nell’area Stem (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica) e alla difficile sostituibilità dei mestieri con le competenze più specializzate. Altri, invece, non sottovalutano i pericoli che ci attendono e ritengono che sarà difficile creare un numero di posti di lavoro sufficiente a rimpiazzare l’enorme quantità di quelli cancellati. Per esempio, l’Unesco non si è sbilanciata nel fornire percentuali o cifre sulle conseguenze che i moderni sistemi digitali arrecheranno ai livelli occupazionali. Tuttavia, la stessa agenzia non nasconde la sua preoccupazione.
Il carattere sempre più pervasivo delle AI rappresenta un rischio per i lavoratori, specialmente per i più vulnerabili come persone a basso reddito, migranti e disabili che sperimenterebbero più difficoltà nell’aggiornare i propri profili professionali. Una cosa dunque è certa: quello che stiamo per vivere obbliga praticamente tutti ad adattarsi a una rivoluzione imminente e impossibile da fermare. Noi stessi lavoratori siamo chiamati a rimetterci in discussione e a ripensare il nostro ruolo attraverso un miglioramento delle nostre capacità e competenze tecnologiche.
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