di Massimo Gervasi
La Fondazione GIMBE, ancora una volta, mette il dito nella piaga: la legge di bilancio 2026 delude le aspettative e certifica il lento ma costante declino del nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Secondo l’analisi, la spesa sanitaria in rapporto al PIL continuerà a scendere nei prossimi anni, e le risorse aggiuntive previste non bastano neppure a coprire i costi dell’inflazione e dei rinnovi contrattuali.
“Nonostante gli annunci e le promesse”, scrive GIMBE, non si intravede nessuna svolta strutturale. Il fondo sanitario cresce solo nominalmente, ma in termini reali è fermo. I professionisti sanitari continuano a lavorare sotto organico e con stipendi che non reggono il confronto con il costo della vita. E mentre si trovano risorse per altri comparti, come la difesa, la sanità resta il fanalino di coda delle priorità politiche.
Ma se la sanità pubblica arranca, quella privata accreditata, che regge interi settori come RSA e cliniche, è ormai abbandonata alla deriva. Nessun rinnovo contrattuale da oltre sei anni, nessuna certezza sugli arretrati o sugli adeguamenti salariali. Un infermiere nel privato oggi guadagna molto meno rispetto al collega del pubblico, e le strutture convenzionate vivono di tariffe ferme da anni e pagamenti ritardati.
Ma passiamo ai numeri.
Il dato più allarmante? Mancano circa 70.000 tra medici e infermieri per coprire i posti vuoti. Un vuoto enorme che pesa ogni giorno sui turni massacranti del personale rimasto, rendendo impossibile garantire servizi adeguati e tempi di attesa umani.
Anche Giovanni Grasso, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche (Opi) di Arezzo, lancia un forte allarme sulla situazione attuale degli infermieri in Italia. Commentando i dati sulle iscrizioni ai corsi di laurea in Infermieristica, Grasso sottolinea come la professione stia attraversando una vera e propria crisi di attrattività, legata a carenze riconosciute di tutele economiche e di condizioni lavorative.
La situazione è talmente grave che senza un piano straordinario di assunzioni e stabilizzazioni, il sistema rischia il collasso.
E poi c’è la delusione di chi aveva creduto nelle parole del ministro Schillaci, che in campagna elettorale, alle Regionali, aveva paventato la necessità di equiparare i salari del pubblico e del privato. Una proposta rimasta lettera morta, un’illusione che si è dissolta una volta finite le elezioni.
Oggi i lavoratori della sanità, pubblica e privata, si sentono disillusi e traditi, lasciati a combattere una battaglia quotidiana per la dignità e il riconoscimento del proprio lavoro.
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