Venezia, capitale del borseggio: il paradosso delle 130 “intoccabili"

Pubblicato il 29 settembre 2025 alle ore 07:00

di Massimo Gervasi

A Venezia da gennaio a settembre sono state fermate circa 130 borseggiatrici. Denunciate, talvolta arrestate in flagranza. Risultato? Tutte a piede libero. Nel frattempo, solo nei primi sei mesi, la Polizia locale ha recuperato oltre 900 portafogli svuotati e nascosti in ogni anfratto della città. Una giostra che riparte ogni mattina, tra calli e vaporetti.

La scena quotidiana: tra turisti e borseggiatori

Arrivano con i bus, si mescolano ai flussi dei turisti, lavorano in gruppo, distraggono, sfilano, passano la refurtiva e spariscono. La squadra antiborseggio del Comune, attiva dal 1999, le intercetta di continuo. Il Comune a maggio parlava già di 50 fermate; il conto è salito a 130 in nove mesi. Ma il finale è quasi sempre lo stesso: denuncia e rientro in servizio.

Il tacito assenso delle istituzioni

Ed è qui che la domanda diventa scomoda: come fanno queste borseggiatrici a entrare in città, ogni giorno, pur non avendo il pass di accesso previsto per i non residenti?
Il sistema di ticket e controlli all’ingresso di Venezia è stato pensato per gestire i flussi turistici, eppure su questi gruppi cala una sorta di velo di invisibilità. Passano, entrano, agiscono. Nonostante i numeri parlino chiaro, le amministrazioni si limitano a statistiche e ordinanze, mentre le forze dell’ordine — già sotto organico — finiscono per giocare una partita che sembra più di facciata che di sostanza.
Il risultato? Una sensazione di tacito assenso, se non di vero e proprio consenso passivo: il sistema lascia correre, perché ammettere la falla vorrebbe dire mettere in discussione l’efficacia dei controlli stessi.
E allora viene spontaneo chiedersi: a che servono i varchi e i ticket se 130 borseggiatrici senza pass riescono a infilarsi ogni giorno senza problemi? È solo inefficienza o c’è la volontà politica di non affrontare davvero il nodo?

Perché restano fuori dal carcere

Furto “con destrezza”: è furto aggravato, pene teoriche anche severe, ma spesso serve querela della vittima e le misure cautelari scattano di rado. L’arresto è spesso facoltativo e la convalida richiede paletti stretti. Risultato: il portone della libertà si riapre in fretta.
Vittime in transito: turisti che ripartono, querela che non arriva o arriva tardi. Il meccanismo si inceppa.
Effetto collaterale: chi denuncia finisce denunciato
Succede anche questo: i cittadini “non distratti” che filmano e segnalano vengono contro-denunciati dai presunti ladri per violazione di diritti o diffamazione. Intanto in città compaiono persino volantini contro Monica Poli, la “lady pickpocket” che da anni ammonisce i turisti. Siamo al rovesciamento del tavolo.

Il conto per la città

Novecento portafogli in sei mesi sono un indicatore di sistema: non episodi, ma una filiera. Il turismo di massa fa da copertura, i mezzi affollati sono il campo di gioco, i corridoi normativi forniscono l’uscita di sicurezza. E l’immagine della città? Ogni video virale è un colpo alla reputazione.
Eppure , chi di dovere, potrebbe fare tanto e subito
  1. Querela digitale per i turisti (deposizione digitale e tradotta in 24–48h);
  2. Arresto e misure cautelari: chiarire quando l’arresto è obbligatorio e quando è facoltativo, e prevedere misure immediate e proporzionate per la recidiva seriale (divieti di accesso reali e controllabili);
  3. Daspo urbano “vero” sui nodi caldi (pontili, vaporetti, Rialto–San Marco) con verifica elettronica e sanzioni automatiche in caso di violazione;
  4. Task force mista (Polizia locale–Questura–capitaneria) con nucleo dedicato ai flussi su vaporetti e banchine, orari a rotazione e bodycam.

Le domande de ILGIORNALISTASCOMODO (per politica e giustizia)

  • A che servono 130 fermate se la misura cautelare è un miraggio?
  • Perché 900 portafogli in sei mesi non attivano automaticamente una gestione straordinaria delle tratte più a rischio?
  • È normale che chi segnala diventi imputato mentre chi ruba torna al lavoro entro poche ore?
  • E soprattutto: che senso ha un sistema di pass d’ingresso se le borseggiatrici possono circolare liberamente senza?

Foto copertina a cura di Giacomo Donati

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