a cura di Massimo Gervasi
Da anni sentiamo ripetere che “qualcosa sta cambiando”, che “l’Italia è in crescita”, che “il Governo sta facendo bene”. Ma se ci fermiamo un attimo a guardare la realtà che ci circonda, ci accorgiamo che quella che ci viene raccontata come una ripresa assomiglia più a un miraggio che a una verità.
Siamo un Paese che da tempo naviga a vista, senza una guida capace di portarci in acque sicure. I numeri parlano chiaro: stipendi tra i più bassi d’Europa, inflazione che divora i pochi risparmi delle famiglie, costo delle materie prime e dell’energia sempre più alto, pressione fiscale insostenibile per le imprese. La sanità pubblica arranca, l’assistenzialismo sociale è quasi inesistente, le pensioni restano da fame.
E allora la domanda è inevitabile: davvero stiamo facendo bene?
Il nostro governo, di destra o di sinistra che sia, continua a mostrarsi obbediente a regole e direttive europee che spesso non rispecchiano né le nostre esigenze né la nostra realtà. L’auto elettrica, simbolo della transizione ecologica voluta da Bruxelles, è solo l’ultimo esempio di una strategia che rischia di affossare ulteriormente la nostra manifattura senza offrire alternative concrete.
Intanto, in Italia, la vita quotidiana racconta un’altra verità:
- per la prima volta quest’estate, milioni di famiglie hanno rinunciato alle vacanze;
- da due anni gli italiani non riescono più a mettere da parte risparmi;
- nei mercati rionali, i pensionati si contendono la verdura scartata dai banchi;
- persone in giacca e cravatta si ritrovano in fila alla Caritas.
La forbice sociale è ormai esplosa: i ricchi sono diventati ricchissimi, i poveri sempre più poveri. Le famiglie monoreddito non riescono a sostenere le spese per la casa, spesso rinunciano perfino a mangiare in modo adeguato. Le bollette, triplicate negli ultimi anni, hanno reso la gestione domestica un incubo.
Un'Italia che cresce senza razionalità
Il PNRR, con i suoi miliardi, sta riempiendo l’Italia di cantieri: scuole, ospedali, infrastrutture. Ma resta un “bel corpo senz’anima”: edifici nuovi che nascondono servizi inefficaci, inefficienze croniche e un sistema che non funziona.
E mentre si trovano miliardi per le guerre degli altri, al nostro Paese restano solo spiccioli: pochi euro per pensioni, per i salari, istruzione e sanità.
Le aziende storiche chiudono una dopo l’altra, i negozi di quartiere abbassano la saracinesca e non la rialzano più. Chi ci prova, si scontra con una pressione fiscale insostenibile e con un sistema che non premia il lavoro, ma solo la sopravvivenza.
Il risultato è un’Italia che cresce senza razionalità: un Paese dove la ricchezza si concentra in poche mani, mentre il resto della popolazione scivola sempre più verso la povertà.
Le amministrazioni locali e nazionali sembrano pensare soltanto a se stesse, dimenticando il compito più importante: far crescere davvero il territorio, creare lavoro, restituire dignità ai cittadini.
Oggi, guardando l’Italia, la sensazione è una sola: si soffre ogni giorno per andare avanti. Il resto sono solo chiacchiere politiche, e quelle, ormai, valgono zero.
Strategie nazionali estere
Eppure, qualcuno ha dimostrato che a volte il coraggio e l'amore ripagano con la stessa moneta.
Basta guardare oltre confine:
•Germania: nonostante le sue difficoltà recenti, continua ad avere stipendi medi quasi il doppio rispetto all’Italia e una produttività industriale che resta un punto di riferimento.
•Francia: ha difeso il potere d’acquisto con misure energiche contro il caro energia, proteggendo famiglie e imprese.
•Spagna: partiva da condizioni simili alle nostre, ma ha puntato su turismo, innovazione e riforme del lavoro, riuscendo a crescere più di noi e con tassi di disoccupazione in calo.
•Portogallo: ex “cenerentola” d’Europa, oggi è diventato attrattivo per investimenti e nuovi residenti grazie a politiche fiscali e sociali più moderne.
E se allarghiamo lo sguardo fuori dall’Europa, vediamo Paesi come il Canada o l’Australia, che hanno rafforzato i sistemi sociali e attirato talenti dall’estero, oppure realtà emergenti come l’Irlanda, che grazie alla fiscalità agevolata ha attratto le più grandi multinazionali tecnologiche. Non per ultima la Norvegia che ha risvegliato i suoi vecchi pozzi petroliferi con benefici economici per tutto il paese.
Insomma, mentre altrove si è cercato di trasformare la crisi in opportunità, in Italia ci si limita a sopravvivere, senza però un’anima, senza un disegno strategico.
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