di Massimo Gervasi
Finalmente il Ministero delle Infrastrutture ha concluso il famoso “censimento nazionale degli autovelox”.
Una notizia che per molti sembra una vittoria di civiltà, trasparenza e legalità. Per altri, quelli che conoscono davvero la strada, i verbali, gli errori tecnici, i tribunali, è semplicemente l’ennesimo atto tardivo di uno Stato che arriva quando oramai il danno è fatto, e soprattutto pagato.
Perché diciamolo subito: questo censimento arriva dopo che milioni di italiani hanno pagato multe emesse da strumenti non registrati, non omologati o addirittura collocati in violazione delle norme.
E non parliamo di qualche caso sporadico: è una prassi che per anni ha riempito le casse di decine di Comuni, trasformando la sicurezza stradale in un vero e proprio business.
Autovelox irregolari ma multe regolari
Il paradosso è soprattutto italiano: strumenti irregolari ma multe regolari.
In qualsiasi Paese normale, se uno strumento non è registrato o certificato non può sanzionare nessuno. In Italia, invece, abbiamo vissuto per anni nel paradosso.
Molti autovelox erano:
- non censiti,
- non omologati,
- non correttamente tarati,
- mal segnalati,
- posizionati senza rispettare i requisiti minimi di legge.
Eppure le multe fioccavano, regolarmente recapitate nelle cassette postali degli automobilisti. E la cosa più grave? Che lo Stato lo sapeva, i tribunali lo sapevano e le amministrazioni comunali lo sapevano.
Ma nel frattempo, milioni di italiani hanno: pagato, rinunciato a fare ricorso, accettato sanzioni ingiuste, tolto punti dalla patente, subìto decurtazioni di stipendio col pignoramento presso terzi, visto lievitare importi per more, interessi e ritardi imputabili agli enti.
Il sistema di ricorso
Perché?
Perché il sistema di ricorso è così complesso da scoraggiare chiunque. Perché un cittadino che vuole difendersi deve perdere tempo, soldi e salute. Perché una multa da 140 euro rischia di costarne 1000 se si sbaglia un passaggio o si ritarda una notifica.
E così, nelle pieghe di questo meccanismo, gli italiani hanno pagato. E tanto.
Adesso il Governo ci dice che, finalmente, abbiamo una banca dati ufficiale: se l’autovelox non è registrato, la multa è nulla.
Perfetto. Applaudiamo. Ma facciamolo piano. Perché la domanda vera non è: “È giusto avere un elenco nazionale degli autovelox?” (ma certo che lo è)
La domanda vera è: “Dove eravate negli ultimi dieci, quindici, vent’anni? Dove erano i controlli? Dove era il Ministero? Dove erano i Prefetti? Dove era il senso di legalità quando i Comuni facevano multe a pioggia con macchine fotografiche travestite da dispositivi di sicurezza?
Autovelox e sistemi con intelligenza artificiale
Ma il futuro che ci aspetta è peggio del passato: arrivano i sistemi con intelligenza artificiale. E qui, da buoni Giornalisti e opinionisti scomodi, dobbiamo sbattere il pugno sul tavolo: perché mentre il Governo festeggia il censimento degli autovelox, già si stanno diffondendo strumenti di controllo automatico basati sull’intelligenza artificiale.
Sistemi che:
- leggono targhe,
- calcolano medie di velocità,
- individuano frenate brusche,
- riconoscono “comportamenti pericolosi”,
- elaborano dati in tempo reale,
- producono segnalazioni automatiche.
Il tutto senza che esista una normativa aggiornata, una sperimentazione seria e trasparente, o un controllo indipendente. In pratica: abbiamo tolto di mezzo gli autovelox irregolari, ma li abbiamo sostituiti con strumenti ancora più invasivi e molto meno controllabili. Il rischio? Che l’Italia passi dalla multa ingiusta fatta con un apparecchio non registrato… a quella fatta da un algoritmo non certificato.
Sicurezza stradale?
Si, certo. Ma anche qui, guarda caso, la priorità resta sempre la stessa: aumentare gli introiti. Cambia la tecnologia ma il problema resta: uno Stato che controlla troppo e si controlla troppo poco. Il punto non è essere contro gli autovelox. Il punto non è difendere chi supera i limiti. Il punto è un altro, molto più semplice: se vuoi punire i cittadini, devi essere impeccabile. Se vuoi pretendere il rispetto, devi essere il primo a rispettare le regole. E invece lo Stato continua a fare l’opposto. Prima usa strumenti fuori norma. Ora introduce strumenti fuori controllo. E in mezzo ci sono milioni di italiani trattati come bancomat.
Chi paga? Sempre gli stessi. Chi ha ricevuto multe da autovelox non regolari le ha pagate. Chi riceverà multe da sistemi “AI-ready” rischia di non potersi nemmeno difendere. Chi vorrebbe fare un ricorso si trova davanti a un muro di: modulistica, notifiche, contro-notifiche, termini perentori, PEC da inviare, carte da protocollare.
La verità è che in Italia il cittadino paga perché non ha alternative. E forse, a qualcuno, questa cosa piace pure. In conclusione: il censimento degli autovelox è una buona notizia. Ma arriva con 10 anni di ritardo. E soprattutto non risolve il problema più grande: uno Stato che invece di prevenire gli incidenti, previene i buchi di bilancio. Ora stanno arrivando nuovi sistemi basati sull’IA.
Nuove tecnologie. Nuovi software. Nuovi dispositivi che sanno tutto, vedono tutto, registrano tutto. Ma nessuno ci dice una cosa fondamentale: chi controlla chi controlla?
E fino a quando questa domanda non avrà risposta, censimento o no, la musica rimane la stessa. E a pagare il biglietto dell’orchestra siamo sempre noi.
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