DDL Caregiver: dieci anni di attesa per arrivare all’ennesima umiliazione

Pubblicato il 24 novembre 2025 alle ore 07:00

di Massimo Gervasi

Un Paese che scarica sui familiari il peso della disabilità e poi li tratta come un costo da ridurre.

Dieci anni di promesse, tavoli, annunci, rinvii. Dieci anni in cui migliaia di italiani hanno rinunciato alla propria vita per accudire un genitore, un figlio, un partner non autosufficiente. Dieci anni di battaglie per ottenere un riconoscimento minimo, un diritto elementare: essere visti, essere considerati, essere trattati da cittadini e non da fantasmi.

E la risposta dello Stato qual è? Un DDL imbarazzante, firmato dalla ministra Locatelli, che spaccia per “svolta epocale” ciò che invece è l’ennesima elemosina.

 400 euro al mese: questo vale, secondo lo Stato, una vita H24 accanto a un disabile.

Mentre un disabile ricoverato in struttura costa allo Stato 200 euro al giorno, il caregiver, che evita proprio quel costo, si sente dire: “Ecco 400 euro, arrangiati”.
E il paradosso è totale: quei soldi non sono nemmeno risorse aggiuntive. Verranno sottratti dal fondo per la disabilità e le pari opportunità.

Tolgo a un disabile per dare (poco) al caregiver

Una partita di giro che tradisce l’idea di fondo: per lo Stato la disabilità è un peso, e chi se ne occupa è un costo da comprimere. Le condizioni per accedervi sono un insulto alla dignità. 

Il contributo sarà riconosciuto solo a chi:

  • convive con il disabile;
  • assiste per almeno 91 ore a settimana (13 ore al giorno, tutti i giorni — ma tanto loro lo chiamano “aiuto in famiglia”);
  • ha un ISEE sotto i 15mila euro (che significa vivere nella povertà);
  • ha guadagnato meno di 3.000 euro lordi nell’ultimo anno (cioè, di fatto, non deve lavorare).

Tradotto: il caregiver deve essere povero, deve essere economicamente annientato, deve rinunciare alla propria vita, solo così può essere riconosciuto.
Una misura che non premia chi assiste: premia chi è schiacciato, isolato, sfinito.

Un Paese che ti chiede di sacrificarti e poi ti abbandona

"Ho accudito mia madre H24 per anni. Ho lasciato il lavoro. Mia madre è morta a luglio. Io ora non ho nulla. Ho 61 anni. Esisto?"

Ecco la grande domanda che una legge dovrebbe porsi: che fine fanno i caregiver dopo anni di assistenza? Nessun contributo figurativo, nessuna tutela pensionistica, nessun reinserimento lavorativo.

Se sei stato caregiver, sei un disoccupato fuori età

È questa la “civiltà” che offriamo? "Chiedere 1,6 miliardi quando il fondo disabilità è stato tagliato? Una follia. Non si parla di contributi figurativi, né di medicina di prossimità, né di lavoro agile. Solo una misura economica che non risponde ai bisogni reali."

Già, perché questa non è una riforma strutturale: è un cerotto messo male su una ferita aperta da anni. Non si parla di sollievo, respiro, supporto psicologico, percorsi sanitari, reinserimento lavorativo. Si parla solo di spesa, mai di valore umano.

"Il caregiver ha diritto ad essere riconosciuto oltre la soglia ISEE. La vita H24 non ha prezzo. La Locatelli non ha nulla di cui vantarsi."

Non serve essere ricchi o poveri per essere caregiver: serve amore, sacrificio, responsabilità. E lo Stato dovrebbe riconoscere questo impegno a prescindere dalla condizione economica, non solo quando ti sei già impoverito.

"Ho un figlio disabile H24. Cosa me ne faccio di 400 euro se non posso lavorare? Pago 4 terapie su 8. Le altre sono in lista d'attesa da aprile. Una vergogna."

Questo è lo specchio della realtà: liste d’attesa infinite, terapie negate.

Famiglie costrette a pagare privatamente ciò che dovrebbe garantire il SSN e quando chiedono aiuto, gli si risponde con una mancetta. La verità è che la disabilità in Italia diventa un lusso che pochi possono permettersi.

Caregiver: una legge di propaganda

"Questo DDL non tiene conto del carico reale, degli anni di assistenza. Valuta solo l’ISEE. Allora chiamatelo sostegno alla povertà, non riconoscimento del lavoro dei caregiver."

Il messaggio è chiaro: non si riconosce il caregiver come lavoratore, ma come destinatario di un sostegno di povertà. È la negazione della professionalità, dell’esperienza, del valore sociale dell’assistenza familiare.

Il vero dramma: la differenza tra annuncio politico e realtà. La ministra parla di “primo passo storico”. La propaganda applaude. I cittadini che vivono la disabilità, invece, vedono per l’ennesima volta: nessuna tutela previdenziale, nessuna protezione lavorativa, nessuna possibilità di costruire una vita propria, nessun riconoscimento del valore dell’assistenza, nessun sostegno al reinserimento dopo la morte del familiare.

Non è una legge per i caregiver

Questa non è una legge per i caregiver: è una foglia di fico per dire che “si è fatto qualcosa” senza fare ciò che serviva davvero. Alla Ministra Locatelli sarebbe giusto ricordare che il vero coraggio sarebbe ascoltare chi vive questa realtà ogni giorno. Il Governo parla di riforma, ma chi vive la disabilità parla di sopravvivenza. Non servono applausi in conferenza stampa: servono tutele reali.
Servono contributi figurativi, riconoscimento come lavoro, sostegno psicologico, diritto al sollievo, assistenza domiciliare potenziata, inclusione nel mondo del lavoro.

Serviva una legge coraggiosa. È arrivata una legge meschina. E mentre la politica discute, i caregiver continuano, nel silenzio, a fare ciò che lo Stato non fa: sostenere la vita di chi non può farcela da solo. Ma a un certo punto, la domanda diventa inevitabile: chi sostiene loro?

Aggiungi commento

Commenti

Non ci sono ancora commenti.