di Alessio Colletti
Per uscire dall’impasse del conflitto ucraino Trump ha avanzato un piano accolto con freddezza dai Paesi del Vecchio Continente
Negli ultimi giorni Donald Trump ha avanzato un piano di pace in 28 punti per porre fine alla guerra in Ucraina che si trascina dal febbraio 2022. Le proposte del presidente statunitense sono state descritte come troppo accondiscendenti nei confronti di Putin e oggetto di un acceso dibattito, specialmente fra i Paesi europei.
Il piano di Trump e le reazioni internazionali
Nel dettaglio, il piano ribadisce il riconoscimento della sovranità di Kiev, suggerisce la sottoscrizione di accordi di non belligeranza fra la Russia e l’UE, impone limitazioni all’esercito ucraino e impedisce all’Ucraina l’ingresso nella Nato. Vengono promessi investimenti per la ricostruzione nei territori bombardati, sarebbero assicurate le garanzie di sicurezza invocate da Zelensky e verrebbe facilitato l’ingresso di Kiev in UE.
Il piano di Trump prevede la graduale rimozione delle sanzioni economiche per Mosca, che sarebbe riammessa nell’economia globale e si vedrebbe riconoscere l’annessione delle regioni di Crimea, Luhansk e Donetsk. Il punto 20 chiede l’abolizione di tutte le misure discriminatorie che hanno colpito sia i media che le istituzioni educative ucraine e russe. I leaders del Vecchio Continente hanno criticato il piano, ritenendolo troppo vicino alle richieste russe.
Lo stesso Zelensky ha dichiarato che i colloqui di pace non possono non tener conto delle preoccupazioni del suo Paese, tanto meno escludere i partner europei dal tavolo dei negoziati. Le trattative fra ufficiali americani e ucraini, avvenute in Svizzera, hanno così ridotto il piano a 19 punti.
Le modifiche apportate al progetto originario non sono state rese pubbliche ma varie fonti indicano la revisione dei passaggi più divisivi. In particolare sarebbero state incrementate le garanzie di sicurezza per Kiev e non si escluderebbe l’utilizzo dei fondi russi parcheggiati presso la società belga Euroclear per finanziare la ricostruzione. Ma questo avverrebbe con la supervisione americana. Non sono invece, ad oggi, emersi particolari sulle questioni più importanti, quelle considerate imprescindibili da Mosca: il destino dei territori contesi di Luhansk-Donetsk (il famoso Donbass) e Crimea e l’assimilazione dell’Ucraina alla Nato e quindi al blocco occidentale.
Cosa aspettarsi dalle prossime trattative
In attesa di capire quali saranno i dettagli del nuovo piano di pace e soprattutto quale sarà la reazione russa a queste modifiche, si può ipotizzare che l’esito di questi negoziati dipenderanno, in buona parte, dalla postura assunta da Francia, Germania e Regno Unito. Se i leaders europei insisteranno con la linea della fermezza confermando la loro contrarietà alle concessioni pro-russe, è probabile che non venga siglato alcun accordo per fermare la guerra o che lo stesso sarà così debole da rimandare, di fatto, a un ulteriore scontro militare. Gli Stati europei supporterebbero invece una proposta di pace più in linea con le pretese di Zelensky ma questo scontenterebbe la controparte russa. La situazione rimane dunque incerta e una pace stabile e duratura molto lontana, anche se appare ormai indiscutibile un fatto.
L’atteggiamento di Trump ricalca notevolmente la strategia di Nixon degli anni ’70, quando la Casa Bianca aprì alla Cina per provare a indebolire l’Urss. Il presidente americano ha dato più volte prova di voler ricucire con Putin per cercar di allontanare la Russia dalla sfera d’influenza del gigante asiatico anche se il legame sino-russo, pur con tutte le sue sfaccettature e punti oscuri, sembra ad oggi difficile da incrinare.
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